14

Set

Generative Design e Progettazione Data-Based

Immaginate di poter disporre di uno strumento in grado di recepire diversi input di progetto e convertirli in centinaia o migliaia di output progettuali inediti e ottimizzati, efficientemente e in un tempo ridotto. Immaginate di poterne disporre continuativamente 24h al giorno, al prezzo di un hardware e di un software accessibili.

Parliamo di Generative Design, un tempo terra inesplorata delle avanguardie digitali, oggi alla portata di (quasi) tutti i progettisti.


Nel 1977, agli albori delle sperimentazioni che vedevano l’applicazione dei primi computer all’ambito dell’architettura, Nigel Cross nel suo The Automated Architect illustrava la capacità di un algoritmo di calcolare il tempo di transizione di un utente da una stanza all’altra in una disposizione planimetrica. Contestualmente si interrogava se, un giorno, lo stesso computer non sarebbe stato in grado di ottimizzare in totale autonomia il layout di un piano sulla base di un sistema di regole definite dall’utente.

Negli stessi anni, Nicholas Negroponte stava conducendo con il MIT la sua ricerca per quella che chiamò Architectural Machine, ovvero una macchina in grado di interpretare le esigenze dell’utente e convertirle in soluzioni progettuali funzionali e personalizzate. Gli esperimenti si rivelarono fin troppo audaci per gli strumenti del tempo, ma contribuirono a diffondere l’idea che uomo e computer dovessero sviluppare un qualche tipo di interazione reciproca e bidirezionale per sfruttare efficacemente l’enorme potenza computazionale offerta dai nuovi strumenti digitali.

Sono stati necessari oltre trent’anni di sviluppo tecnologico per vedere realizzate, nel Building Information Modelling, le visioni che Douglas Engelbart esprimeva in Augmenting Human Intellect, ovvero l’idea che sia possibile progettare a partire da un set di dati piuttosto che da una forma. Allo stesso modo, la visione di Cross e Negroponte dovette attraversare due rivoluzioni tecnologiche prima di diventare finalmente applicabile. Da un lato, si è dovuto attendere che l’hardware raggiungesse una potenza di calcolo, una capacità di gestire una quantità di dati adeguata. Dall’altro, che i sistemi di scripting si dotassero di interfacce più accessibili, creando quella intersezione creativa tra mondo del design e mondo del computing nota come Generative Design.

Avanguardia della progettazione computazionale, il Generative Design sfrutta la capacità di calcolo dei computer per la generazione semi-automatizzata di soluzioni progettuali sulla base di un set predefinito di regole e la contestuale valutazione dei parametri relativi alla qualità del progetto. In altre parole, se si osserva il problema progettuale da un punto di vista logico-matematico, è possibile interpretare gli obiettivi e i vincoli progettuali in termini di regole algoritmiche, ovvero in una sequenza di istruzioni che guidano la generazione e la trasformazione di un oggetto. Scopo di quest’approccio alla progettazione è la ricerca della soluzione progettuale più efficace nel rispondere ad un determinato insieme di obiettivi progettuali, talvolta contrastanti tra loro, tramite la combinazione iterata di algoritmi trasformativi.

Così come l’ottimizzazione di un giunto strutturale deriva dal miglior compromesso possibile tra dimensione e peso, e dunque costo, e capacità strutturale del componente, allo stesso modo l’ottimizzazione della disposizione planimetrica di un edificio si esprime in un processo di analisi delle caratteristiche spaziali dell’edificio in funzione di obiettivi progettuali specifici e oggettivamente calcolabili, come l’ottimizzazione energetica, la stabilità strutturale, l’orientamento e l’illuminazione naturale degli ambienti, la minimizzazione dei tempi di percorrenza e così via.

 

Gli strumenti generativi perseguono quindi l’ottimizzazione dei prototipi, siano essi architetture, componenti costruttivi o altro, tramite la variazione automatizzata di un set predefinito di parametri. Ciò che distingue il Generative Design dal più noto e inflazionato Parametric Design è proprio la capacità del primo di automatizzare processi che, poggiando su un sistema algoritmico iterativo, non necessitano di alcuna azione manuale esterna durante la computazione, ovvero lavorano in loop.

L’algoritmo lavora come una vera e propria black box che processa dati e restituisce soluzioni progettuali inedite e funzionali, che il progettista è in grado di visualizzare, valutare e confrontare sulla base di dati, diagrammi e fitness scores, ovvero punteggi di efficienza. Il carattere rivoluzionario del processo risiede nella capacità di fornire un supporto non soltanto pratico attraverso l’automatizzazione e la digitalizzazione dei task più ripetitivi, tipico degli strumenti CAAD più tradizionali, ma anche e soprattutto creativo, interattivo e bidirezionale, prima di oggi attuabile soltanto al costo di grossi investimenti in tecnologie e competenze.

Ambito inizialmente riservato a pochi sperimentatori e pionieri, il Generative Design sta oggi rapidamente valicando i confini della progettazione tradizionale, in uno scenario di rinnovato interesse da parte di professionisti e imprese e alimentato dalla diffusione delle nuove tecnologie. Assistiamo al fiorire di numerosi progetti sperimentali da parte delle case software più note del settore, che contribuiscono a rendere il processo sempre più accessibile ai progettisti grazie al diffondersi di software open-source, applicativi e piattaforme di ottimizzazione in-cloud che consegnano all’utente un assaggio di progettazione generativa data-based.

Il Generative Design, se combinato con il Building Information Modeling, permette di sommare ai vantaggi della modellazione informativa quelli ancora poco esplorati della progettazione generativa, limando quel divario tecnologico che tuttora esiste tra il settore delle costruzioni e gli altri settori produttivi. Il trend del futuro vedrà la ricerca di una sempre maggiore interazione tra uomo e macchina, in uno scenario di Co-Design in cui progettista e software cooperano creativamente alla definizione del progetto.

Per approfondimento:

  • Nigel Cross, The Automated Architect, Methuen, 1977.

Antonio Rusconi

BIM Coordinator e Computational Designer

Si laurea in architettura al Politecnico di Milano con una tesi sperimentale sull’utilizzo degli strumenti computazionali e generativi in un flusso di lavoro BIM. Attualmente attivo come BIM Coordinator presso Mpartner, si occupa anche di formazione in ambito BIM presso enti pubblici, privati e ordini professionali. È interessato alla metodologia BIM, alla progettazione computazionale e alla ricerca di strumenti digitali e processi innovativi.

Vai alla biografia autore