16

Ott

Data-Driven Design

Generative Design per configurare lo spazio partendo dalla mappatura del comportamento umano


Come Architetti e Ingegneri ogni giorno ci confrontiamo con il concetto di Spazio. Trovandolo difficile da definire, rischiamo di considerarlo solamente una cornice dalle stesse proprietà del progetto che vi ci viene collocato. In maniera semplicistica lo pensiamo al pari di una quinta scenica senza comprenderne il ruolo sociale e culturale che ricopre per chi lo andrà a vivere.

Nella letteratura di questo ambito è comune trovare collegata l’idea di Spazio con l’uso dello spazio” o la “percezione dello spazio”. In tutte le espressioni tuttavia il concetto prende valore in relazione al comportamento umano. “Human behavior does not simply happen in space. It has is own spatial form (Bill Hiller)”.

Una cosa è certa. Incontrarsi, evitarsi, riunirsi non sono attributi associabili al singolo ma configurazioni influenzate dalla disposizione di più persone nello spazio. “Configuration seems to be a concept addressed to the whole of a complex rather than of its parts” (Bill Hiller). Intuitivamente una configurazione tra elementi di un sistema è soggetta a mutamenti dovuti alla fluidità delle reciproche relazioni tra gli stessi.

Il movimento è una chiave di lettura dello spazio e in quanto tale la sua articolazione influisce in modo naturale sulla formazione di diversi pattern di co-presenza e consapevolezza reciproca tra gli individui che vivono o semplicemente attraversano lo spazio. Questa forte relazione tra layout spaziali e interazioni tra le persone ci deve far riflettere sull‘effetto sociale che l’Architettura può esercitare.

Il monitoraggio delle attività umane, nei limiti della protezione della privacy, può tornare utile nell’indirizzare le scelte verso una disposizione spaziale la cui forma finale è ancora indeterminata ma può essere raggiunta partendo dalle reazioni e dalle necessità degli utenti. Creando un loop continuo di feedback, risultanti dalla mappatura del comportamento umano in relazione alla configurazione dello spazio, è possibile valutare di volta in volta un ampio ventaglio di varianti progettuali che vengono iterativamente aggiornate adattando al meglio gli output finali verso performance desiderate.

Sistemi di monitoraggio sempre più sofisticati come CCTV implementati da intelligenza artificiale, triangolazioni di reti Wi-Fi e mappatura di dispositivi 5G, permettono di collezionare corposi data-sets del comportamento delle persone relazionato allo spazio vissuto. Saper acquisire e manipolare questi dati facilita le scelte progettuali portando una maggiore consapevolezza durante il processo decisionale.

Architetti e progettisti hanno ora la possibilità di calibrare i loro interventi tramite un approccio data-driven, in cui il dato viene interrogato per estrarne informazioni di dettaglio ed insights.

Se gli edifici e gli spazi pubblici sono finalizzati ad ospitare le attività umane e a favorire l’interazione tra la comunità, il Generative Design Process è uno strumento che guida alla definizione del layout spaziale che meglio stimola la percezione di well-being sulla base di dati provenienti da un monitoraggio mirato.

L’utilizzo del Generative Design è molto diffuso tra diverse discipline ingegneristiche e non, e può essere definito come un processo computazionale volto al raggiungimento della miglior soluzione possibile che meglio risponde a specifici requisiti definiti dal progettista e/o imposti dalle condizioni al contorno. Essendo per sua natura un metodo che si basa sul raggiungimento di soluzioni attraverso la comparazione di molteplici opzioni, risulta essere particolarmente adatto ad una progettazione data-driven.

Il vero plus di tale processo trova la sua massima espressione laddove i parametri in gioco e i possibili livelli di interazione sono ad un livello di complessità molto più elevato rispetto a quello che potrebbe essere sostenuto con un approccio tradizionale: l’integrazione di algoritmi di ricerca della soluzione più performante portano ad automatismi che non potrebbero essere raggiunti con le sole capacità umane.

L’enfasi sul “design automation” non deve però oscurare l’essenziale ruolo decisionale del progettista, il quale deve apportare il suo valore aggiunto nel giudizio critico, nella progettazione dell’algoritmo, nella selezione dei valori di input e dei criteri di valutazione finale.

”This form of algorithmic or parametric modelling transcends the understanding of the computational paradigm as a mere promoter of complex forms, and contributes to processes capable of forming models that contemplate several parameters involved in the functional, environmental and of the cities and the buildings they contain” (Lima and Kós 2014).  

Un approccio responsabile alla progettazione parametrica dove dati raccolti dal contesto reale vengono incorporati durante la fase progettuale, aiuterebbe i progettisti ad ottimizzare le configurazioni spaziali ed affrontare complessi scenari in cui flussi di persone che vivono l’Architettura posso veicolare la percezione dinamica dello Spazio.

 



Team R&D – Lombardini 22

Lombardini22, in qualità di società di architettura e ingegneria, opera a livello internazionale attraverso cinque brand settorializzati: L22, DEGW, FUD, CAP DC ed Eclettico.

Specializzato nel Building Information Modelling e Data Management il team Lombardini22 gestisce ed integra le informazioni riguardanti il progetto, agevolando la collaborazione tra le differenti competenze, che operano in maniera sincrona sui modelli BIM.

Attraverso la modellazione virtuale e parametrica, supportato dalle attività di R&D, il team si apre a nuove possibilità per il progetto, dalla fase di sperimentazione volumetrica del concept, all’ottimizzazione strutturale, fino alle simulazioni energetiche.

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